
24 Ott Data Dollar: i dati personali come moneta di scambio
Sapevate di valere quindici dollari e novantotto centesimi? Questo è ciò che ciascun utente nel mondo vale per Facebook nel 2016. Gli statunitensi e i canadesi valgono molto di più: circa 63 dollari a utente. L’Europeo vale solo 19,4 dollari. Il primo trimestre 2017 però ha fatto segnare un incremento del 36% a pari periodo del 2016. Asia e Pacifico sono a 7,29 dollari e il “resto del mondo” arriva solo a 4,66 dollari.
Il valore commerciale dei dati personali
Questo patrimonio, in realtà, è il valore che hanno i nostri dati personali. L’apparente gratuità del social network non può fare a meno delle tracce di chi naviga, consuma, visualizza o clicca inserzioni. Senza i dati personali, il modello economico non regge, ogni dettaglio ha valore. Questo ha fatto sì che, nel febbraio di tre anni fa, Facebook abbia acquistato WhatsApp per circa 19 miliardi di dollari. All’epoca, la app aveva 465 milioni di utenti attivi. Oggi (dati al gennaio 2017) sono circa 1,2 miliardi. In Italia la diffusione è capillare: l’ultima rilevazione, risalente a novembre 2015, conta 20 milioni di utenti.
E la privacy?
La privacy non è più una prerogativa di istituzioni e governi democratici ma delle aziende tecnologiche. La privacy degli utenti è un vincolo di fiducia tra imprese tecnologiche e compratori. Io fornisco a te oggetti e/o servizi sempre più personalizzati, raccolgo i tuoi dati (che io azienda uso per profilazione e marketing, anche se con te utente non sarò completamente trasparente), cosicché della tua vita solo io, azienda, so tutto: come il segreto bancario o quello medico.
Scarsa consapevolezza
Il punto è che ancora ignoriamo quanto valore abbiano davvero i nostri dati. Non diamo valore alle tracce di ciò che facciamo su Internet: letture, navigazione e ricerca di siti su Google, acquisti su Amazon e controllo delle nostre abitudini di consumo attraverso il login, i like che diamo o riceviamo, la rubrica dei nostri contatti.
Un esperimento provocatorio: i Data Dollar
Per creare interesse attorno alla questione e promuovere la propria attività, la Kaspersky Lab (leader tecnologico nello sviluppo di software per la sicurezza) ha creato un’installazione candid-camera style per testare le reazioni degli utenti medi sulla conspevolezza del valore dei dati personali. In pratica è stato allestito, nel cuore di londra, un vero e proprio negozio nel quale l’unica moneta utilizzabile sono i Data Dollar (ideati per l’occasione), ovvero l’equivalente monetario dei dati personali.
I clienti in coda venivano attirati per comprare le stampe esclusive di un noto street artist, ma la sorpresa è stata che per comprare le t-shirt griffate i clienti avrebbero dovuto pagare rinunciando alle proprie fotografie personali, ai testi di chat e ai video presenti sugli smartphone e altri device e utilizzarli come forma di baratto per gli acquisti (e quotati come Data Dollars). Tutti noi, in modo del tutto inconsapevole, portiamo con noi ogni giorno una vera e propria fortuna fatta di monete preziose che non subiscono l’influenza dei tassi di cambio o della posizione geografica: “Se un sito web offre dei servizi gratuitamente, ma chiede in cambio i dati personali dei clienti per monetizzare il proprio servizio, dovrebbe utilizzare il simbolo del Data Dollar per dimostrare che si sta verificando una forma di scambio”, afferma Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab. E continua: “È facile dimenticarsi della quantità enorme di dati che condividiamo quotidianamente. La sensazione di perdita che si prova quando i dati personali vengono sottratti contro la nostra volontà, diventa molto più realistica quando qualcuno prende il nostro smartphone e davanti ai nostri occhi, scorre tutti i nostri dati decidendo quali prendere.”
Qui di seguito il video dell’esperimento e il sito di Data Dollar.