Il documentario sul graphic design pre-computer

Il progetto ha già ormai due anni di gestazione, tempo necessario a raccogliere materiali e documentazione e registrare interviste. L’impresa è stata sostenuta anche da un crowdfunding su Kickstarter. A capo dell’iniziativa, intitolata Graphic Means – A History of Graphic Design Production, la graphic designer americana Briar Levit. Il documentario illustra qual era la vita di un designer prima dell’avvento del digitale. I copia-incolla che facciamo in tempo reale, le formattazioni, le giustificazioni, sono tutte azioni che prima venivano realizzate con carta e colla. Osserva Briar:

“Volevo provare a capire cosa è cambiato e cosa è rimasto invece identico nella cultura del lavoro in studio a seguito dei cambiamenti tecnologici e dei successivi riflessi a livello di modus operandi. Sono varie le “mani” che intervengono nella fase di realizzazione di un progetto, dal designer al typesetter, dal fotografo al production designer. Come si strutturavano queste relazioni? Cosa si è irrimediabilmente perso quando abbiamo avuto l’opportunità di far sì che una sola persona curasse tutti questi elementi? Cosa ci abbiamo guadagnato?”

Siamo ormai alla fase di post-produzione e il documentario dovrebbe vedere la luce entro questi primi mesi dell’anno. Tra i vari intervistati Paul Brainerd, il co-fondatore di Aldus (chi si ricorda Pagemaker?), Colin Brignall e Dave Farey (Letraset typeface designers: quei fogli traslucidi con i font che qualche cliente chiamava i “trasferelli”!).

Chi ha nostalgia della reprocamera, delle progressive, di rapidograph che colano, di squadrette che si appiccicano sulla carta da lucido con la colla removibile e altre mirabilia vintage di questo genere (per chi sa ancora cosa sono e per chi, come chi scrive, ci si è sporcato le mani per anni) questo è il documentario da vedere con i fazzolettini di carta a portata di mano. O forse è l’occasione per ricordarsi di accendere un cero alla santa mela di Cupertino, che ha spazzato via tutte queste fastidiose e ingombranti “protesi” grafiche.
Qualcosa però questi oggetti e pratiche da museo possono ancora insegnare, ovvero che, anche se nascoste in un’app, tutte le basi teoriche e pratiche, tutte queste azioni ormai desuete, costituiscono una risorsa che sarebbe bene tenere sempre presente, non solo per amore di storia, ma come un valore formativo da perpetuare per i grafici di oggi e di domani, o nel caso in cui mancasse la luce, si sa mai.

Il trailer di un anno fa, continua da essere, per ora, l’unica traccia visibile dell’anteprima; ma sul sito ufficiale del progetto troverete le news del lavoro in evoluzione; altrimenti potete seguire l’account su instagram.

 



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